domenica 10 febbraio 2013

Ho generato un guerriero, un giovane guerriero.
Me ne resi conto quando al terzo giorno di vita, relegato in una incubatrice troppo grande per lui, decise di dimostrare a tutti che era perfettamente in grado di decidere: si strappò tutti i tubicini che gli avevano fissato addosso e si girò su sé stesso sfidando il mondo.
Oggi lo osservo camminare in casa con i fissatori esterni alle gambe; ogni ora si alza dal letto e affronta una camminata lungo il corridoio.
Sente male, si capisce, ma cammina, va avanti determinato a fare tutto il possibile per raggiungere il suo traguardo.
Ogni tanto ci guardiamo, i miei occhi incontrano i suoi e non ci lasciamo per qualche manciata di secondi.
Ci parliamo in quei secondi, ci passiamo tutto il bene che possiamo, ci facciamo coraggio; non molleremo, no non lo faremo.
Solo fra madre e figlio ci si può dire così tante cose in pochi istanti.
Ilaria mi ha detto che Giovanni dopo l'operazione ha cambiato sguardo, io invece rivedo gli occhi di quando mano nella mano stava per entrare in aula il suo primo giorno di scuola; rivedo gli stessi occhi di quando l'ho baciato affidandolo ai chirurghi che l'avrebbero operato.
Due occhi intensi, di chi è pronto ad affrontare ogni difficoltà.
Ha lo sguardo di chi è consapevole di quello che ancora deve passare, ma felice di riuscire a vincere.
E' un guerriero il mio giovane figlio, e io ne sono orgogliosa.


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