giovedì 22 dicembre 2011


Hai mai notato che nei momenti più importanti, disperati o felici della nostra vita lo sguardo si fissa su particolari che spesso sono insignificanti e assolutamente svincolati da ciò che in quel momento sta succedendoci?
Io mi ricordo ad esempio il poster sgualcito di un concerto appeso sul muro della stanza degli infermieri, mentre un premuroso dottorino mi comunicava la morte di mio padre.
Oppure il bordo scheggiato del tavolo del ristorante indiano dove Giacomo mi ha chiesto di sposarlo.
La sera del 2 marzo 1994 la voce del padre di mio figlio aveva appena scandito forse una delle ultime frasi che mi sarei aspettata di sentire: “Noi non aspettiamo nessun figlio: TU aspetti un figlio.”.
Avevo quasi visto quel TU a lettere maiuscole materializzarsi nell’aria, che si era cristallizzata al mio annuncio.
Ed io inaspettatamente mi sono immobilizzata, sono rimasta in silenzio a fissare il bicchiere di vino rosso, il riflesso della candela sulla lama del coltello e con il polpastrello ho cominciato lentamente a carezzare la tovaglia seguendo i grappoli d’uva ricamati.
Lui si è alzato, ha rimesso a posto la sedia meticolosamente, quasi a cancellare la sua presenza al tavolo. Mi ha fissato a lungo, lo sentivo respirare alterato.  E dopo chissà quanto, (Un minuto? Tre ore?) è andato nella nostra camera da letto a fare le valigie.
Ho sentito chiaramente che se ne stava andando,  che in quel momento avevo l’ultima chance di farlo tornare con me…
Il coltello che avevo sotto il palmo aveva la lama rivolta verso il bordo del piatto e il tovagliolo era caduto a terra sul pavimento di cotto un po’ sconnesso.  Lo sguardo si è posato su una minuscola macchia di vino nel momento in cui la porta si è chiusa. Ho sbattuto le palpebre e ho respirato profondamente. Non sono riuscita a far uscire neppure una lacrima.
Mentre mi alzavo dalla sedia e cominciavo a sparecchiare ho capito che inspiegabilmente tutto l’amore che credevo di avere per lui era scomparso.
Non c’era più nulla che mi legasse a quell’uomo che poco prima era uscito per sempre dalla mia casa.
Di tutto quello che era stato mi rimaneva solo il ricordo di una minuscola macchia di vino rosso.
Solo un contributo genetico, ecco che cosa era e sarebbe stato per sempre quel pover’uomo.


venerdì 9 settembre 2011

Ritorno

Ogni volta che torno verso casa dopo qualche giorno di assenza non riesco mai a capire come sia potuta rimanere lontana dalle mie piccole quotidianità: il tè la mattina prima di andare a lavorare, i miei figli distanti ma costantemente presenti, Giacomo silenzioso e accanto a me in ogni momento, 
Oggi camminando a Parigi per cercare qualche cosa da portare a casa mi sono mancati tutti e tre all'improvviso. Anche se so che magari tornando litigherò con Giovanni e mi struggerò per Elena che mi sembra non crescere mai, avrei voluto condividere con loro il mio vagare per le strade parigine, avrei voluto sorridere a Giacomo allungando la mia mano per sfiorare la sua e condividere in silenzio la stessa emozione.
Sto invecchiando? 
Forse sì, o forse più semplicemente amo davvero le persone che mi stanno accanto ed inevitabilmente le sento necessarie. 
Sono in volo adesso e assaporo il momento in cui uscendo dalla porta scorrevole sarò accolta dallo sguardo di Giacomo, dal suo abbraccio e dal suo specialissimo modo di prendermi in giro facendomi sentire la cosa più importante della sua vita. Non ho voluto portare oggetti questa volta, ho deciso di comprare cose da mangiare per poter condividere con loro le mie scoperte.
Nessun souvenir, ma formaggio, foie gras e macarones per potermi scusare di non averli avuti accanto.
Sotto di noi sta sfilando la costa ligure, il sole è ancora sopra l'orizzonte pennellandolo di rosso, ora Genova e poi solo il mare. 
Ci stiamo lasciando l'ovest alle spalle tuffandoci nel blu delle prime ore della sera, si distinguono le luci delle città costiere e attendo la virata finale segno inconfondibile della discesa, del ritorno.
Guardo ancora una volta verso ponente, dove la notte sta spegnendo il rosso intenso del tramonto, e lentamente le luci delle case si fanno più nitide.
Ora scendiamo, piano, verso casa.

giovedì 25 agosto 2011

Attesa

Stasera ho letto negli occhi di Maria Eugenia e Andrea l'amore pieno e fresco dei venti anni. Il  loro bambino in arrivo è il quieto compiersi della vita. Avevo bisogno di una bella notizia e una nuova vita, senza retorica, è sempre una buona nuova. Ho osservato il loro intendersi con lo sguardo, le loro tenerezze e sono stata felice con loro. Adesso comincia l'attesa.

giovedì 11 agosto 2011

Fortuna

Stamani mi sono svegliata prestissimo, l'aria era quella pungente di fine estate, nonostante sia solo l'inizio di agosto. Sono rimasta ad ascoltare il respiro di Giacomo, regolare e preciso, ed il mio cuore. C'è qualcosa di spaventoso nel battito del proprio cuore, se lo si ascolta nel silenzio di una camera da letto. Si tende a trattenere il respiro e si rimane ad ascoltare il ritmo immaginandolo sempre più irregolare. Da piccola rimanevo immobile nel letto impaurita, pregavo di non morire, immaginavo il mio cuore fermarsi e il mio corpo irrigidirsi. Mi è sempre rimasta questa sottile inquietudine: una irrazionale sensazione di fine imminente. Senza tragedie o lunghe agonie, solo e unicamente uno spegnersi lieve, quasi delicato.
Mentre fissavo il soffitto, Giacomo si è mosso verso di me, ho percepito il calore della sua pelle assonnata; ho allungato la mia mano toccando il lenzuolo sul suo fianco, il mio cuore si è adeguato al suo respiro, ogni inquietudine è annegata nella sua vicinanza. Non gli ho mai confessato quante volte ho cancellato la paura della morte con la consapevolezza del suo essermi a fianco. Sono entrata sotto il lenzuolo e ho assaporato la nostra fortuna, riaddormentandomi pigramente.

martedì 2 agosto 2011

La prima volta

Adesso ci provo... Non so se faccio bene o faccio male, credo solo di dover finalmente scrivere.
L'altra metà del mio personalissimo cielo, Giacomo, continua a dirmi di non perdere tempo a navigare senza meta sul web, ma di scrivere, scrivere e scrivere.
Forse è la cosa che mi riusciva meglio un tempo, ora non so; ho perso l'abitudine. Ho perso il fluire delle parole, il seguire con le lettere il corso silenzioso dei miei pensieri. O forse è solo pigrizia, è solo timore?
Ovvìa adesso ci provo... Vediamo che succede...